venerdì 23 febbraio 2024

da oggi fino al 2 giugno le opere del sorprendente Banksy al Museo del ’900- M9 di Venezia-Mestre

La street art entra nelle sale di M9 – Museo del ’900 con le opere di uno dei suoi interpreti più celebri: Banksy. È stata presentata oggi alla stampa la mostra Banksy. Painting Walls, prodotta e organizzata da MetaMorfosi Eventi in collaborazione con M9, con il sostegno di Banca Ifis, e curata da Sabina de Gregori, che sarà visitabile dal 23 febbraio al 2 giugno 2024 al terzo piano del Museo. Prosegue così, dopo la fortunata esperienza di Rivoluzione Vedova, il dialogo di M9 con i linguaggi dell’arte contemporanea, adottati come chiave di lettura per un racconto della storia che abbracci i temi del nostro tempo e stimoli la riflessione. Con Banksy. Painting Walls, mostra unauthorized, il Museo conduce i visitatori all’interno dell’immaginario di un autore che da oltre un ventennio influenza profondamente la scena culturale mondiale; un universo artistico che trova la sua cifra nei contrasti e nelle contraddizioni che affondano le proprie radici nel Novecento e deflagrano oggi nelle emergenze del nostro tempo: la crisi climatica, i conflitti mondiali, i fenomeni migratori. Da questi orizzonti muovono le oltre settanta opere presenti in mostra, al centro della quale si stagliano i tre muri originali, dipinti da Banksy nel 2009, nel 2010 e nel 2018 e provenienti da collezioni private, che hanno come protagonisti tre adolescenti, rappresentanti di una nuova generazione che sembra essere particolarmente sensibile alle tematiche intorno alle quali gravitano gli interessi dell’artista inglese. Icona dell’esposizione è Season’s Greetings, apparso nel 2018 Port Talbot, in Galles, nominata in quell’anno dall’OMS la città più inquinata del Regno Unito. Il murales ritrae un ragazzino con le braccia spalancate e la lingua tesa fuori dalla bocca per assaporare i fiocchi di neve che cadono dal cielo. Fiocchi che però, girando l’angolo del muro, si scoprono essere cenere che si leva da un bidone dell’immondizia in fiamme. Accanto a Season’s Greetings, i muri Heart Boy e Robot/Computer Boy completano, insieme agli altri pezzi unici esposti, il panorama artistico di una mostra che vuole far riflettere sull’immediato paradosso che mette in scena, quale il processo di sacralizzazione dell’arte pubblica, che da oggetto di fruizione democratica viene estraniata dal suo contesto, esposta alle mire del mercato e infine musealizzata. È così che le contraddizioni raffigurate dalle opere di Banksy con lo stile satirico e di denuncia distintivo dell’artista, diventano esse stesse oggetto di una contraddizione ancora più marcata, che la rottura del rapporto dialogico tra street art e tessuto urbano produce. Il dialogo tra opera e contesto, inoltre, assume un ulteriore significato con la mostra in funzione del tempo e dello spazio di esposizione: Banksy. Painting Walls, infatti, arriva in M9 a cinque anni dalla realizzazione dell’opera Migrant Child a Venezia. Il murales di Dorsoduro, di cui è stato recentemente annunciato il processo di restauro finanziato da Banca Ifis, main sponsor dell’esposizione, sarà dunque interlocutore diretto di una mostra che si propone come un vero ponte tra laguna e terraferma: l’invito sarà quello di spostarsi tra i due luoghi, con visite guidate e pedalate urbane che stimolino la discussione sul ruolo del patrimonio nelle città. Ed è proprio l’intento di creare ponti, connessioni tra i luoghi e le persone che li vivono, al cuoredellamostra parallela Dialoghi Urbani. Street art vs museo, una retrospettiva sugli street artists e writers attivi in Veneto, in esposizione al corridoio del secondo piano che vede, in dialogo con Banksy, le opere di una ventina di artisti operativi dagli anni ’90 ad oggi. La mostra - visitabile nello stesso periodo di Banksy. Painting Walls acquistando il biglietto dell’esposizione temporanea o di quella permanente - si accompagnerà a una serie di live paintingper dodici sabati dal 2 marzo al 1° giugno, in cui gli street artist esposti - e non solo - si esibiranno sui muri esterni di M9, trasformandoli in opere uniche e, allo stesso tempo, effimere: ogni settimana, infatti, un nuovo artista ricoprirà il lavoro della settimana precedente cambiando pelle alla superficie stessa. _______________________________________ Venezia Luogo: M9 - Museo del ’900 Indirizzo: Via Giovanni Pascoli 11 Orari: mer, gio, ven, 10.00 – 18.00 sab, dom, 10.00 – 19.00 lun, mar, chiuso La biglietteria chiude 30 minuti prima del Museo Curatori: Sabina de Gregori Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 8 Telefono per informazioni: +39 041 2387230 E-Mail info: info@m9museum.it Sito ufficiale: http://www.m9museum.it

venerdì 28 aprile 2023

Finalmente la luce (e le inquietudini) della FOTOGRAFIA EUROPEA a Reggio Emilia !

Dal 28 aprile all’ 11 giugno 2023 torna FOTOGRAFIA EUROPEA a Reggio Emilia, il Festival di fotografia di caratura internazionale - fresco vincitore dell’edizione 2022 dei Lucie Awards a Los Angeles, il premio più ambito nel settore, quale miglior Photo Festival of the Year - promosso e prodotto da Fondazione Palazzo Magnani insieme al Comune di Reggio Emilia e con il contributo della Regione Emilia-Romagna. Anche quest’anno, quindi, un’importante occasione per osservare un mondo in continuo e veloce cambiamento, di cui la fotografia congela il momento per aiutarci a capirne e comprenderne direzioni e dinamiche.
Lo sguardo di questa attesa XVIII edizione di Fotografia Europea è diretto verso la più stretta attualità, dove le radici della nostra identità individuale e sociale vengono messe costantemente alla prova. “Europe matters: visioni di un'identità inquieta”, è il tema a cui fanno riferimento i progetti selezionati dalla direzione artistica del Festival, composta da Tim Clark (editor 1000 Words & curator Photo London Discovery), Walter Guadagnini (storico della fotografia e Direttore di CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia), e Luce Lebart (storica della fotografia, co-autrice del fondamentale volume Une histoire mondiale des femmes photographes, curatrice di mostre e ricercatrice sia per la Collezione dell’Archive of Modern Conflict che in modo indipendente). Un’edizione caratterizzata, oltre che dalla qualità delle mostre, anche dal livello degli incontri, delle conferenze, delle presentazioni di libri e dalle attività educational che verranno organizzate nel corso del festival. __________________________________________________________________________________________________________________________________ IL TEMA Partendo da una riflessione sull’idea di Europa e sugli ideali che la costituiscono, le mostre mettono in luce domande sulla condizione attuale del mondo multiculturale e globalizzato che viviamo, un mondo in cui l’Europa non esercita più, ormai da tempo, quell’egemonia spirituale e materiale che per secoli le è stata riconosciuta. Gli artisti tracciano quindi, attraverso il medium fotografico, le linee dinamiche e incerte di un’identità sempre più mobile e variegata, con l’obiettivo di dare senso all’ inquietudine che la attraversa. __________________________________________________________________________________________________________________________________ LE MOSTRE Come sempre le sale dei monumentali Chiostri di San Pietro saranno il fulcro del festival, ospitando dieci esposizioni. Al primo piano, Mónica De Miranda mette in discussione le nozioni standard di identità basate sulle categorie di razza e genere con il progetto The Island che svela, attraverso una contro-narrazione costruita dalle biografie di uomini e donne di origine africana che vivono in Portogallo, i pregiudizi radicati nella società. Nella sala successiva Güle Güle (arrivederci in turco) è la personale rappresentazione di Istanbul e dei profondi cambiamenti che stanno interessando la società turca attraverso lo sguardo di Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinni. Documentando le comunità emarginate, questi scatti rivelano quel substrato umano che, secondo i due fotografi, rappresenta l'espressione più sincera di ogni luogo, oltre la superficiale “facciata” sociale comunemente accettata. A seguire il progetto di Simon Roberts, Merrie Albion, fotografa il Regno Unito offrendo spunti di riflessione indispensabili sulle nozioni di identità e appartenenza e su cosa significhi essere britannici in questo momento cruciale della storia contemporanea. In mostra anche The Brexit Lexicon, un'opera video in due parti che riporta i termini più comuni che hanno caratterizzato le discussioni sulla Brexit in politica e nei media. The Archive of Public Protests con You will never walk alone raccoglie, invece, le tracce visive dell'attivismo sociale, di tutte quelle iniziative di massa che si oppongono alle decisioni politiche, alle violazioni delle norme democratiche e dei diritti umani. È una collezione di scatti che costituisce un monito contro il crescente populismo e contro la discriminazione, con l’intento di prolungare la vita di queste immagini, solitamente legate a eventi specifici e la cui esistenza termina con la loro pubblicazione sulla stampa. Alessia Rollo, fotografa italiana di origini pugliesi, parla nel suo progetto multimediale Parallel Eyes di un viaggio alla scoperta degli antichi riti del Sud, restituendo all'osservatore il mistero della magia e delle forze ancestrali che legano la natura all'uomo e ai suoi simili. Nelle sue fotografie, Rollo ricostruisce l’identità culturale dell’Italia meridionale con tecniche di manipolazione analogiche e digitali, che introducono in un universo re-incantato, evocativo e spirituale, attingendo ad un patrimonio rituale tuttora vivente e sganciandolo contemporaneamente da quegli stereotipi culturali creati decenni fa dal neo-realismo. Samuel Gratacap torna a Reggio Emilia con Bilateral, un lavoro inedito sul paesaggio visto da entrambi i lati del confine e attraverso la voce delle persone che quel confine cercano di attraversare. Il progetto si concentra anche su coloro che lottano per rendere il mondo meno violento, mobilitandosi nei luoghi in cui vivono e, parallelamente, sui decisori, i responsabili di quelle disposizioni che tutti subiranno, invisibili, intercambiabili, senza volto ma padroni della loro immagine. Il progetto fotografico Odesa dell’ucraina Yelena Yemchuk è l’ode visiva alla città che da sempre l’ha affascinata per la libertà di cui godeva durante l’epoca sovietica. Dopo averla visitata per la prima volta nel 2003, Yemchuk è tornata a Odesa nel 2015 per documentare i volti dei ragazzi e delle ragazze di sedici e diciassette anni dell’Accademia militare: il conflitto al confine orientale iniziato un anno prima l’ha convinta ad ampliare il progetto immortalando anche il contesto di vita di quei volti che si sarebbero trovati, di lì a poco, al fronte. Un’esplorazione antropologica spinge il francese Geoffroy Mathieu a seguire i raccoglitori, persone che, ai margini delle aree coltivate o negli spazi incolti, vivono dei prodotti che la natura in modo spontaneo continua a offrire seppur in paesaggi danneggiati e precari. Il progetto fotografico che ne deriva, L’Or des ruines, racconta quindi di una sussistenza alternativa che vede nella ricerca di frutti e piante medicinali un nuovo modo di vivere in un mondo comune e scopre una possibile economia costruita sulla condivisione delle risorse spontanee della terra. Cédrine Scheidig esplora, nel lavoro intitolato De la mer à la terre, le narrazioni personali dei giovani, in Francia e in Martinica, nel processo di scoperta di sé, aprendo al contempo spazi di riflessione su temi politici come il passato coloniale, l'ibridazione culturale, le mascolinità moderne e la migrazione. Lo fa mettendo in dialogo due serie recenti, It is a Blessing to be the Color of Earth (2020), che ritrae la diaspora afro-caraibica nella periferia parigina e Les mornes, le feu, iniziata nel 2022 a Fort-de-France, in Martinica, in cui l’artista rivela le connessioni tra due territori e gli immaginari dei loro abitanti. La mostra storica di questa edizione sarà ospitata nelle sale affrescate del piano terra dei Chiostri di San Pietro e sarà dedicata a Sabine Weiss, una tra le più importanti voci della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau. Scomparsa nel 2021 all’età di 97 anni, Weiss ha esercitato questa professione per tutta l’arco della sua vita e abbracciato ogni campo della fotografia, immortalando emozioni e sentimenti dei suoi soggetti, indugiando sui loro gesti e sul rapporto che ogni volta riusciva ad instaurare con essi e da cui scaturiva la vera potenza dell’immagine. Attraverso foto d’archivio e numerosi documenti e riviste dell’epoca, la mostra Sabine Weiss. Una vita da fotografa a cura di Virginie Chardin, ripercorre l’intera carriera di Weiss, dagli esordi nel 1935 fino agli anni ’80. La mostra è prodotta da Atelier Sabine Weiss Studio e da Photo Elysée con il supporto di Jeu de Paume e Les Rencontres d'Arles e sotto il patrocinio della Confederazione Svizzera. Nella sede dei Chiostri di San Domenico sarà esposta la mostra dedicata alla committenza che ogni anno il festival affida ad un artista diverso insieme ai due progetti vincitori della Open Call. La committenza è stata affidata a Myriam Meloni, fotografa italiana che vive e lavora tra Barcellona e Tangeri, che partendo dal mito di Europa narrato da Ovidio, costruisce un ritratto delle “Europa” contemporanee: giovani donne, autonome, professioniste, l'esito più felice del Novecento e del progetto Erasmus, che stanno attuando una rivoluzione gentile, radicandosi nelle comunità che le accolgono ma continuando a incarnare i valori dai quali provengono. Le immagini di Nelle giornate chiare si vede Europa sono la restituzione di un percorso, una costellazione di possibilità, che invitano a costruire una nuova prospettiva critica verso la contaminazione culturale, enfatizzando il dialogo tessuto da queste giovani donne che dalla riva, nei giorni chiari, guardano la loro Europa. Mattia Balsamini, uno dei due vincitori dell'Open Call di Fotografia Europea, con Protege Noctem - If Darkness disappeared documenta un’altra battaglia rivoluzionaria nella guerra ecologica in atto in questa era, quella della difesa dell’oscurità. Per raccontarlo, porta nelle sue immagini l’alleanza che scienziati e cittadini hanno formato per mobilitarsi contro la scomparsa della notte e delle sue creature. Balsamini immortala il cielo notturno diventato un mosaico appannato, dimostrando come sia il mondo naturale sia il ciclo circadiano dell'uomo siano fortemente danneggiati dall'ostruzione dell'oscurità notturna causata dallo spettro rilasciato da miliardi di luci artificiali che abbagliano l'ecosistema. Camilla de Maffei, anche lei vincitrice della Open Call, presenta Grande Padre, un progetto a lungo termine che, partendo dal caso particolare albanese, invita a riflettere sul rapporto globale tra individuo, società e potere. Il processo di ricerca, cominciato nel 2018 e realizzato in collaborazione con il giornalista Christian Elia, propone un’immersione nell’Albania contemporanea e si pone l’obiettivo di esplorare le implicazioni e le conseguenze dell’ascesa e del crollo di un regime, evidenziando le cicatrici che questo processo di transizione ha impresso nella società, documentando anche quello strano senso di vuoto che la libertà, riacquisita dopo quarantacinque anni di regime totalitario e capillare (il riferimento è alla dittatura di Enver Hoxha - una delle più feroci dell’età contemporanea), porta con sé. Nella sede di Palazzo da Mosto trovano posto le opere fotografiche provenienti dalla collezione di Ars Aevi che celebrano la Bosnia Erzegovina come Paese Ospite di questa edizione del festival. Parziale anagramma della parola "Sarajevo”, Ars Aevi (“arte dell'epoca” in latino) è un progetto, unico nel suo genere, di museo di arte contemporanea creato dalla volontà collettiva e di cooperazione etica di importanti artisti internazionali, curatori e musei di arte contemporanea, che hanno donato le proprie opere a Sarajevo durante la guerra, per sostenere la città stretta dall'assedio ed accompagnarne la rinascita civile, etica e culturale. Ars Aevi presenta parte della sua importante collezione fotografica a Fotografia Europea 2023, a testimonianza di quella capillare rete internazionale di amici, partner e sostenitori che credono nell'importanza e nei valori morali, estetici e di sviluppo di cui l’arte contemporanea è portatrice. La mostra, che ha il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Sarajevo, è il frutto dell'importante collaborazione sviluppata in questi anni tra il Comune di Reggio Emilia e la Municipalità di Centar Sarajevo, culminata nella firma di un patto di gemellaggio tra le due città il 9 maggio 2022 a Reggio Emilia, giorno in cui si celebra la Giornata dell'Europa, e il 12 luglio 2022 a Centar Sarajevo. Al piano terra della stessa sede, Ariane Loze, artista belga, presenta Utopia e Studies and Definitions, due di quattro video realizzati tra aprile 2017 e ottobre 2018 per riflettere sull’Europa. Nel primo l’artista, vestita con un impermeabile giallo in un teatro blu, dà forma ad un dialogo a quattro su temi fondanti come l’essere comunità, il sentirsi rappresentati, la ricerca del bene comune e, infine, l’immaginazione di un'utopia. In Studies and Definitions, invece, assistiamo a un dibattito che nasce dalla lettura della prima pagina della versione consolidata del Trattato sull'Unione Europea, il tutto concepito da Ariane Loze per confrontarsi con i testi esistenti. Ad abbracciare il festival, numerose altre mostre partner che gravitano intorno ad esso, organizzate dalle più importanti istituzioni culturali cittadine e ospitate nei loro spazi. A Palazzo dei Musei la sezione di fotografia prosegue la riflessione sul ruolo dell’immagine come strumento capace di rivelare le complessità della realtà e del tempo presente, con la mostra Un piede nell’Eden. Luigi Ghirri e altri sguardi (28 aprile 2023 - 25 febbraio 2024, www.musei.re.it ), un ricco e articolato percorso dedicato all’elemento naturale che, a partire dalle ricerche di Luigi Ghirri degli anni Settanta e Ottanta, ci invita a riflettere sull’elemento naturale e sulla necessità di una sua ricollocazione all’interno del nostro Orizzonte percettivo. La riflessione si allarga poi a Giardini in Europa, rivisitazione della mostra del 1988, curata da Luigi Ghirri e Giulio Bizzarri, che propone una serie di ricerche su aree verdi e giardini condotte, oltre che dallo stesso Ghirri, da tredici fotografi (Andrea Abati, Olivo Barbieri, Giovanni Chiaramonte, Joan Fontcuberta, Mimmo Jodice, Gianni Leone, Francesco Radino, Olivier Richon, George Tatge, Ernesto Tuliozi, Fulvio Ventura, Varena Von Gagern e Cuchi White) che testimoniano un sentimento di appartenenza nei confronti degli spazi naturali e la necessità di un loro profondo ripensamento nel contesto delle città moderne. La mostra, a cura di Ilaria Campioli, è promossa da Comune di Reggio Emilia (Musei Civici, Biblioteca Panizzi) in collaborazione con Archivio Eredi Luigi Ghirri. Sempre a Palazzo dei Musei arriva Giovane Fotografia Italiana #10 | Premio Luigi Ghirri 2023, il progetto del Comune di Reggio Emilia che valorizza i talenti della fotografia italiana under 35. Curata da Ilaria Campioli e Daniele De Luigi, la mostra collettiva dei sette artisti Eleonora Agostini, Andrea Camiolo, Sofiya Chotyrbok, Davide Degano, Carlo Lombardi, Giulia Mangione, Eleonora Paciullo, selezionati da una giuria internazionale, ruoterà attorno al tema Appartenenza. Oltre a concorrere per l’assegnazione del Premio Luigi Ghirri - che offrirà al progetto vincitore l’opportunità di presentare una mostra personale in Triennale Milano - da quest'anno uno fra i sette artisti parteciperà ad una residenza d'artista a Stoccolma, che culminerà nella realizzazione di una mostra a cura dell'Istituto Italiano di Cultura. La fototeca della Biblioteca Panizzi parteciperà all’edizione del 2023 con Flashback, una selezione di opere fotografiche tra quelle esposte durante il festival Fotografia Europea del 2007, edizione anch’essa incentrata sul tema dell’Europa in rapporto con le sue città. Questa piccola “antologica” dell’edizione del 2007, riproponendo la questione europea a distanza di oltre 15 anni, può essere fonte di nuove considerazioni sul nostro recente passato e stimolare riflessioni aggiornate alla luce dei recenti e dirompenti avvenimenti. In Biblioteca Panizzi è inoltre presentata un’altra mostra collegata a Fotografia Europea, Alberto Franchetti e la fotografia, che espone parte della recente donazione fatta dalla famiglia Ponsi sul patrimonio di fotografie scattate da Alberto Franchetti e che mette in luce l’interesse del musicista e compositore per il media fotografico, inteso come linguaggio della modernità tout court. Interessante è il suo sguardo, le inquadrature, i giochi di luce che testimoniano non solo la sua attenzione ma anche la sua sensibilità nei confronti del mondo che lo circondava, fatto di momenti intimi e di paesaggi struggenti. A un anno dalla scomparsa di Roberto Masotti e in occasione della riedizione del volume You Tourned the Tables On Me, lo Spazio Gerra propone 115 ritratti dei più noti musicisti contemporanei di tutto il mondo, tra cui John Cage, Philip Glass, Brian Eno, Steve Reich, Michael Nyman, Demetrio Stratos e molti altri. In questa serie di ritratti il tavolino assume la valenza di un palcoscenico su cui ognuno dei musicisti ha la possibilità di mettere in scena sé stesso, in molti casi con il medesimo spirito di sperimentazione che lo caratterizza nella musica. A dimostrazione e rafforzamento della vivacità culturale che caratterizza Reggio Emilia durante il festival, altre istituzioni culturali presentano progetti ad esso collegati. Collezione Maramotti presenta No Home from War: Tales of Survival and Loss, prima mostra in Italia del fotogiornalista inglese Ivor Prickett. Con oltre cinquanta fotografie scattate in scenari di conflitto dal 2006 al 2022, No Home from War rappresenta la più ampia esposizione sul lavoro di Prickett fino ad oggi. Il fotografo ha iniziato a occuparsi di Europa e di Medio Oriente con l’urgenza di restituire e denunciare gli effetti delle guerre sulla popolazione civile, sulle vite delle persone devastate e sradicate, a prescindere dall’appartenenza all’uno o all’altro schieramento. Partendo da una dimensione intima e domestica delle conseguenze sociali e umanitarie dei conflitti nel lungo periodo (Croazia, Abkhazia), Prickett si è spostato nei luoghi di migrazione forzata, nelle terre di ricercato rifugio (Medio Oriente ed Europa), fino a giungere in prima linea nelle zone di combattimento (Iraq, Ucraina). CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma propone la mostra Antonio Sansone: Rituali d’Europa. Il fotoreporter Antonio Sansone (Napoli, 1929 - Farfa Sabina, 2008) è stato uno dei più significativi esponenti del fotogiornalismo di impegno civile del secondo dopoguerra. La sua è una visione militante, organica alla sinistra storica e alla Nuova Sinistra, in contrapposizione all’ufficialità delle grandi agenzie, degli organi di stampa filogovernativi. Attraverso i suoi scatti restituisce un ritratto spesso inatteso del secondo Novecento europeo, dove al rigore dell’antropologo si affianca la sensibilità e l’empatia di un narratore. Le vivide indagini su Napoli, i volti e i rituali della politica italiana spesso colti con accenti salaci, ma anche il racconto indocile dei paesi di “oltrecortina”, dove ai rituali delle ufficialità, che scopriamo non così differenti da quelli dell’altro occidente, Sansone accosta indagini sulla quotidianità, sui fermenti che percorrevano l’Europa, dall’Irlanda alla Francia, all’Ungheria, la Cecoslovacchia, la Romania. Anche quest’anno lo Speciale Diciottoventicinque, il progetto formativo di Fotografia Europea, torna per accompagnare i giovani amanti della fotografia in un percorso che va dall’ideazione alla realizzazione di un progetto espositivo. Sarà Elena Mazzi l’artista che quest’anno accompagnerà i partecipanti tra i 18 e i 25 anni verso un progetto collettivo e che in 10 incontri li porterà a riflettere su un argomento, osservarlo e studiarlo attraverso la macchina fotografica. Di origini reggiane, Elena ha già conquistato, con i suoi progetti, una posizione di spicco nel panorama artistico contemporaneo, rileggendo poeticamente il patrimonio culturale e naturale dei luoghi e intrecciando storie, fatti e fantasie trasmesse dalle comunità locali. Oltre alle mostre arricchisce il Festival un calendario di appuntamenti che accompagnerà i visitatori dalle giornate inaugurali – 28, 29, 30 aprile e 1 maggio – fino all’11 giugno. In programma le conferenze con Rosella Postorino e Paolo Rumiz curate da Loredana Lipperini (curatrice, scrittrice e conduttrice radiofonica), quelle con Emilio Isgrò e Elena Loewenthal curate da Luca Beatrice (critico d’arte e curatore) ed inoltre incontri con gli artisti, presentazioni di libri (tra cui Dear Kairos di Simon Bray, il vincitore del FE+SK Book Award, premio organizzato in collaborazione con la casa editrice indipendente Skinnerboox), book signing, letture portfolio ed inoltre [PARENTESI] BOOKFAIR, lo spazio dedicato agli editori indipendenti. Fotografia Europea ripropone il grande successo della sua declinazione musicale FOTOFONIA, curata da Max Casacci, produttore e fondatore dei Subsonica. Sul palco anche quest’anno scopriremo un po’ dell’Italia sonora capace di sorprendere e dialogare con il mondo senza complessi di inferiorità. Si parte venerdì 28 aprile in Piazza Prampolini con Whitemary, giovane cantante e autrice di una “dance” intelligente quanto trascinante; sempre nell’ambito della musica che si balla, il giovane produttore calabrese Indian Wells. Sabato 29 aprile, sempre Piazza Prampolini, Spime.im, collettivo torinese che fa dell’interazione tra immagini e tecnologie musicali la propria cifra stilistica e il tastierista dei Nine Inch Nails, Alessandro Cortini con un proprio progetto elettronico dai grandi numeri d'ascolto. Domenica 30 poi, in una location del tutto speciale come la Chiesa di San Francesco, Earthphonia Planet, un inedito e iper tecnologico spettacolo di suono, immagini e racconto della natura con Max Casacci e il professor Stefano Mancuso, celebre studioso dell’intelligenza delle piante. Ad illuminare la Notte OFF, sabato 6 maggio in Piazza Casotti, le delicate sonorizzazioni della d.j. designer Luce Clandestina. Grazie alla collaborazione con TIWI, venerdì 28, dalla mezzanotte, presso Polveriera, l'appuntamento con la fotografia sarà insieme a Nicolas Ballario (esperto d’arte contemporanea, volto di Sky Arte e voce di Radio Rai) e Rodrigo D’Erasmo (polistrumentista, compositore e membro degli Afterhours) con il progetto Lives che ambisce a stilare una serie di “romanzi musicali” dell’arte e, in questo caso, della fotografia con una special edition su Nan Goldin. È tutto dal vivo: racconti incalzanti e diretti delle vicissitudini della vita e delle opere degli artisti, con una colonna sonora eseguita sul posto. Anche per questa edizione il CIRCUITO OFF - l’evento collettivo e indipendente che arricchisce il Festival con una serie innumerevole di mostre diffuse in tutto il territorio cittadino – presenta progetti di fotografi professionisti accanto a giovani alle prime esperienze, appassionati e associazioni che dovranno misurarsi con il tema di quest’anno esponendo i propri scatti in negozi, ristoranti, studi, cortili e case private, sedi storiche, gallerie d’arte. Parte di questo circuito è anche il progetto OFF@school che coinvolge le scuole di tutta la provincia di Reggio Emilia. Il 6 maggio è la serata dedicata al Circuito Off e in questo evento sarà decretato il vincitore del premio Max Spreafico a cui sarà data l’opportunità di produrre una nuova mostra ed esporla durante la prossima edizione di Fotografia Europea, nel 2024. ____________________________________________________ Special Sponsor per l’edizione 2023 si conferma Iren.

lunedì 17 aprile 2023

poche parole solo per ricordare La Milano Design Week 2023

La Milano Design Week torna dal 17 al 23 aprile con il Salone del Mobile.Milano DA NON PERDERE ! Vi aspettiamo dunque a Rho Fiera, in centro storico e in mille altri luoghi pittoreschi per ammirare le nuove espressioni contemporanee che quest'anno più di altri si sono riversate nella capitale lombarda. La moda si mescola al design in una miscela oramai fluida e le tante iniziative fuori salone si presentano diffuse in città. Sarà un'edizione 2023 che punta sempre più sulla circolarità, sulla promozione di giovani talenti e sulla fondamentale inclusività.

sabato 8 aprile 2023

“I Wish It Was Mine” alla Galleria Alberta Pane di Venezia

Una delle tappe obbligatorie per chi ama l’arte e arriva in Laguna è sicuramente la sede veneziana della galleria Alberta Pane che, a partire da sabato 1 aprile fino al 3 giugno 2023, ospita l’esposizione collettiva “I Wish It Was Mine”.  Una mostra suggestiva che riunisce opere di otto artisti da tenere d’occhio, che fanno parte oramai della scena internazionale: Claire Fontaine, Gelitin, Miná Minov, Ivan Moudov, Alban Muja, Anri Sala, Selma Selman e Ulay.  “I Wish It Was Mine” è il titolo della mostra e presenta così al pubblico, nella maniera più pura e disarmante, un desiderio spesso celato ma reconditamente presente in ogni artista.
L'opera site-specific del polivalente Ivan Moudov “The One Minute Stalker” del 2022 avvia l’esposizione già a partire dall’ingresso, dando da subito centralità alla nozione di desiderio con l’omonimo film di Tarkovskij del 1979.  The One Minute Stalker offre la possibilità di una visione unica di questo film iconico, condensando i suoi 161 minuti in un'immagine monumentale, composta da frammenti di un minuto ciascuno. Ogni elemento rappresenta una micro-azione che, insieme alle altre, forma delle file di piccole capsule temporali. Il trascorrere di un minuto è seguito da una schermata buia della durata anch’essa di un minuto. Il suono è composto da Sibin Vasilev. L'installazione mira a esplorare la percezione spaziale delle singole micro-immagini, permettendo agli spettatori di immergersi in un ambiente visivo che innesca sensazioni mentali e corporee relazionate al concetto di tempo.
Lo stesso Moudov (classe 1975), spiega così la profonda tematica dell’esposizione: «Sono stato invitato a organizzare una mostra collettiva alla Galleria Alberta Pane. Ho cercato di scegliere opere che avrei voluto fossero mie o che avrei voluto realizzare. A volte è proprio questa la spinta propulsiva che fa nascere la collezione di un artista.  Ispirandomi al film di Tarkovskij, “Stalker”, ho cercato di costruire una narrazione che guidasse i visitatori attraverso la “Zona”, alla ricerca di quel luogo mitico conosciuto come “La Stanza”. Si dice infatti che chiunque entri nella “Stanza” veda immediatamente esauditi i propri desideri terreni; accedendovi emergono però solo quelle che sono le vere aspirazioni individuali. Nella “Stanza” le opere selezionate di sette artisti eccezionali esplorano i desideri umani, nelle loro accezioni e complessità. Insieme, tutte le opere di questa esposizione danno vita a uno spazio di contemplazione e riflessione, dove i confini della realtà vengono superati e l'immaginazione viene liberata.  Come lo Stalker, che conduce i suoi compagni attraverso la “Zona” per scoprire i loro desideri più reconditi, “I Wish It Was Mine” invita lo spettatore a esplorare i propri sogni, a superare i confini della realtà e ad abbracciare l’ignoto».   Riprendendo dunque il tema centrale di “Stalker” c’è da chiedersi se veramente i desideri che esteriorizziamo e manifestiamo siano realmente quelli ai quali aspiriamo nel nostro profondo. O abbiamo il pudore o il terrore che questi si manifestino realmente mostrando un nostro “io” diverso da quello che vogliamo mostrare? Consiglio a chiunque voglia immergersi in questa mostra di farsi accompagnare da una delle responsabili dello spazio espositivo per uno splendido percorso dettagliato ed arricchente.  Ci si troverà subito immersi in questa serie di opere che si osservano intuendo di guardare anche dentro noi stessi attraverso un’introspezione affascinante e allo stesso tempo disturbante che ci pone di fronte allo stesso dilemma della “stanza dei desideri” di Tarkovskij. Fra le opere da ammirare consiglio la sequenza fotografica “There’s a Criminal Touch to Art” realizzata nel 1976 dove Ulay ha trasformato l’arte in un crimine, con l’obiettivo di porre l’attenzione su un problema sociale: la discriminazione dei lavoratori immigrati in Germania. Ulay rubò infatti un quadro dalla Neue Nationalgalerie di Berlino per appenderlo nella casa di una povera famiglia turca del quartiere di Kreuzberg, all’epoca vero e proprio ghetto di immigrati. La scelta del quadro non fu casuale bensì una vera icona dell’identità tedesca.
Il quadro scelto, infatti, si intitola Der arme Poet (Il poeta povero), ed è stato dipinto nel 1839 da Carl Spitzweg e si narra fosse il preferito di Hitler. Dopo aver distratto la sorveglianza e afferrato il quadro, l’artista scappò e si rifugiò in una casa del quartiere di Kreuzberg. L’opera fu appesa nel salotto della famiglia turca e il direttore del Museo fu convocato in loco dall’artista stesso, che si assunse tutte le responsabilità legali della sua azione, per recuperarla. “Volevo portare l’attenzione su questo problema dei lavoratori turchi discriminati. E volevo anche mettere in discussione la marginalizzazione dell’arte da parte delle istituzioni”, commentò in seguito Ulay.  Tutto il furto fu documentato minuziosamente con le immagini originali girate da Jörg Schmidt-Reitwein, ex cameramen di Werner Herzog, e la documentazione fotografica fu fatta da Marina Abramovic. Piccolo aneddoto : questa è stata l'ultima performance personale di Ulay prima di iniziare a collaborare con Marina Abramović, con la quale ebbe una nota e travagliata relazione sentimentale e artistica che li ha resi delle icone della performance art del XX secolo … ma questa è tutta un’altra storia. Ulay è stato un vero genio nello sviluppo di concetti performativi, da desideri espressivi nati da potenti intuizioni. Il desiderio performativo nasce dunque da una intuizione: una parola tanto preziosa, dal latino intueor, che è una forma di conoscenza non spiegabile a parole, che si rivela per “lampi improvvisi”, immagini, suoni, esperienze. L’intuizione è la capacità di acquisire conoscenze senza prove, indizi, o ragionamento cosciente: un sentimento che guida una persona ad agire in un certo modo, senza comprenderne appieno il motivo, per creare magici momenti d’arte… “I Wish It Was Mine”. Fino al 3 giugno … Da non perdere ! __________________________________ GALLERIA ALBERTA PANE Dorsoduro 2403/H, Calle dei Guardiani, 30123 - Venezia - Veneto dal 01/04/2023 - al 03/06/2023 dal martedì al sabato 10.30 – 18.30 ____________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________ BIOGRAFIA DEGLI ARTISTI PRESENTI IN MOSTRA : •Attiva dal 2018 a Palermo, Claire Fontaine è un’artista concettuale femminista, creata nel 2004 a Parigi da Fulvia Carnevale e James Thornhill che, mediante un espediente di desoggettivizzazione, si sono dichiarati i suoi assistenti. Attingendo al nome di una popolare marca francese di cancelleria, l'artista fa del readymade la sua cifra stilistica: scultura, installazione, video e pittura sono alcuni dei media attraverso i quali prende forma una riflessione sulla società capitalistica contemporanea, la sua politica e gli eventi globali, come nel caso dell’installazione Untitled (same war time zone) in mostra in galleria. L’artista ha esposto in luoghi e istituzioni quali: MAXXI (Roma), MACRO (Roma), Jardin des Tuileries (Parigi), Galerias Municipais (Lisbona), Palazzo Ducale (Genova), Le Confort Moderne (Poitiers), Städtische Galerie Norhdorn (Nordhorn), Académie de France à Rome - Villa Medici (Roma), Jewish Museum (New York), RCCA Wattis (San Francisco), The Swedish Contemporary Art Foundation (Stoccolma), Museion (Bolzano), MUSAC (Castilla y León), Museum of Contemporary Art (North Miami).  Gelitin è un collettivo formatosi a Vienna dagli artisti Ali Janka, Florian Reither, Tobias Urban e Wolfgang Gantner, conosciutisi nel 1978. Dal 1993 lavorano insieme, distinguendosi sulla scena internazionale per le loro performance e installazioni dal carattere umoristico e sfrontato. Elemento centrale della loro pratica è il coinvolgimento del pubblico, invitato a prendere parte all’opera e a fare proprie nuove prospettive. Gelitin ha rappresentato l’Austria alla Biennale di Venezia del 2001 e ha esposto e realizzato performance nelle più importante istituzioni artistiche. Il suo lavoro è in collezioni pubbliche quali Belvedere (Vienna), MUMOK (Vienna), Thyssen Bornemisza Art Contemporary (TBA21) (Vienna), Essl Museum (Klosterneuburg, Austria), Lentos Kunstmuseum (Linz, Austria), MdM, Salzburg, Foundation Pinault (Venezia), Sammlung Falkenberg (Amburgo), Centre Pompidou (Parigi), Musée d’art moderne de la Ville de Paris, La Maison Rouge (Paris), MONA (Tasmania) e Musée de la Chasse et de la Nature (Parigi).  ______________________________________________________________________ •Miná Minov è un artista bulgaro (1982) che lavora soprattutto con video dal carattere performativo, installazioni interattive e talvolta performance, spaziando tuttavia anche verso progetti più concettuali o per nulla concettuali. Le sue opere sono spesso costituite da semplici meccanismi, impiegati dal proprio corpo o da quello di qualcun altro. L’artista è infatti interessato alla presenza corporea e al modo in cui essa attira elementi attorno a sé. Miná Minov ha studiato scultura all’Accademia Nazionale delle Arti, a Sofia e Pittura al Frank Mohr Instituut a Groningen. Ha inoltre preso parte a residenze artistiche negli Stati Uniti presso Marvin Gardens, Ridgewood (NY) e Lower Manhattan Cultural Council (NY). Ha esposto in istituzioni quali Goethe Institut Bulgarien - ICA-Sofia (Sofia), Contemporary Space (Varna), KCB (Belgrade), Sofia Art Gallery, Zieher Smith (New York), Vaska Emanouilova Gallery (Sofia), Biennial of young artists (Bucharest), Museum Belvedere (Heerenveen, Paesi Bassi), Nest (L’Aja), National Gallery of Foreign Art (Sofia), National Archeological Museum (Sofia), Marvin Gardens (New York), One night stand gallery (Sofia) e CBK, Groningen (Paesi Bassi). ______________________________________________________________________ •Ivan Moudov (1975, Sofia). La pratica dell’artista spazia dalla fotografia al video, alla performance e all'installazione. Il suo lavoro, dalla forte carica metaforica, mette in discussione le condizioni sociopolitiche ed economiche dell'arte e il suo rapporto con i sistemi di potere. Sovvertendo le norme e le regole esistenti, l'artista mira a svelare i meccanismi del loro funzionamento. Concepire e organizzare questa mostra è risultato per l’artista un lavoro processuale in sé. Le opere di Ivan Moudov, esposte per lo più nel corridoio d’ingresso, danno avvio alla narrazione. Tra le sue partecipazioni più importanti in biennali e istituzioni ricordiamo, tra le altre, la 52ª Biennale di Venezia, Manifesta 4 (Francoforte), Manifesta 14 (Pristina), Moderna Museet (Stoccolma), Cabaret Voltaire (Zurigo), Kunstverein Braunschweig (Braunschweig), 1st Moscow Biennale of Contemporary Art (Mosca), Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig - MUMOK (Vienna). ______________________________________________________________________ •Alban Muja Alban Muja (Kosovo, 1980) è un artista multidisciplinare. La sua pratica è influenzata dai processi di trasformazione sociale, politica ed economica in corso nel suo paese e nei Balcani in senso lato. Ha rappresentato il Kosovo alla 58ª Biennale di Venezia. Ha inoltre partecipato a esposizioni in eventi e istituzioni quali: The National Gallery of Kosovo (Pristina), Center for Contemporary Arts (Celie, Slovenia), ISCP (New York), MAXXI (Roma), 3rd Industrial Art Biennial (Rijeka), Ludwig Museum (Budapest), viennacontemporary (Vienna), Museum Of Contemporary Art (Skopje), Autostrada Biennale (Prizren, Kosovo), Kumu Art Museum (Tallinn), Guangdong Museum of Art (Guangzhou, China), National Gallery of Art (Varsavia), Austrian Cultural Forum (New York),, Museum of Modern and Contemporary Art of Rijeka, Staatliche Kunsthalle Baden-Baden (Germania), KC Tobačna 001-Mesnta Museum (Lubiana), Moscow International Biennale.  ______________________________________________________________________ •Anri Sala (Tirana, 1974. Vive e lavora a Berlino). Trasformazione e tempo sono elementi sostanziali delle sue opere, create attraverso una pluralità di relazioni tra immagini, architetture e suono, che permettono all’artista il rovesciamento e la messa in discussione dell’esperienza. Le opere di Anri Sala analizzano fratture del linguaggio, della sintassi e della musica al fine di convalidare o invalidare narrazioni e composizioni, dando così vita a nuove interpretazioni della storia. - Il lavoro di Sala è stato mostrato in mostre personali presso: la Bourse de Commerce, Paris (2023), Kunsthaus Bregenz (2021), Buffalo Bayou Park Cistern, Houston (2021), Centro Botìn, Santander (2019), Mudam, Luxembourg (2019), Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Torino (2019), Museo Tamayo, Mexico City (2017), New Museum, New York (2016), Haus der Kunst, Munich (2014), Centre Pompidou, Paris (2012), Serpentine Gallery, London (2011), Museum of Contemporary Art North Miami (2008) e ARC, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2004). L’artista ha anche partecipato a importanti esposizioni collettive e biennali internazionali, tra cui la 57ª Biennale di Venezia (2017), dOCUMENTA (13) (2012), la 29ª Biennale di São Paulo(2010) e la 4ª Berlin Biennale (2006). Nel 2013 ha rappresentato la Francia alla 55ª Biennale di Venezia. ______________________________________________________________________ •Selma Selman (1991) è cresciuta nel villaggio della comunità rom di Ružica, in Bosnia-Erzegovina. È stata la prima studentessa rom a conseguire un BFA presso il Dipartimento di Pittura dell'Università di Banja Luka nel 2014. Nel 2018 si è laureata alla Syracuse University con un MFA in Transmedia, Visual and Performing Arts. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni internazionali e ha ricevuto molteplici premi. Nel 2021 ha partecipato a una residenza ad Amsterdam presso la Rijksakademie. Ha esposto in mostre personali e preso parte a eventi come documenta (15), Kassel (2022), Manifesta 14, Pristina (2022), Kunstraum Innsbruck (2022), MO Museum Vilnius (2022), Kasseler Kunstverein Museum Fridericianum, Kassel (2021), National Gallery, Sarajevo (2021), Acb Gallery, Budapest (2021), SU Art Gallery, Syracuse (2018), agnès b. Galerie Boutique, New York (2017), Gallery Schleifmühlgasse 12-14, Vienna (2016), Gallery Dreamland, Buffalo, New York (2016). Ha inoltre partecipato a numerose mostre collettive e festival quali: EVROVIZION, ifa, Stuttgart, Mediterranea 19 Young Artists Biennale School of Waters, 58ª Biennale di Venezia, Kunstquartier Bethanien a Berlino, Kunsthalle Wien a Vienna, Queens museum a New York, The Creative Time Summit a Miami, Museum of Contemporary Art a Banja Luka, Villa Romana a Firenze, Maxim Gorki Theatre a Berlino.  Ulay (Germania, 1943 - Slovenia, 2020) è stato un pioniere dell’uso artistico della polaroid e dell’arte performativa. Dopo la separazione da Marina Abramović nel 1988, Ulay si dedica alla fotografia, concentrandosi soprattutto sull’individuo emarginato nella società contemporanea. Negli ultimi anni della sua vita ha vissuto con la moglie e la famiglia a Lubiana dove nel 2019 è nata la Ulay Foundation. Le sue opere fanno parte di importanti collezioni e sono state esposte a livello internazionale nei più importanti centri della scena artistica, tra cui Centre Pompidou (Parigi), MoMA (New York), Moderna Museet (Stoccolma), SFMOMA (San Francisco), ZKM (Karlsruhe), Kunstmuseum Bern (Berna), Groningen Museum (Groningen, Paesi Bassi), Van Abbemuseum (Eindhoven), Stedelijk Museum (Amsterdam), per citarne alcuni. ______________________________________________________________• di Aymone Poletti - aprile 2023

sabato 8 ottobre 2022

Pisa, a Palazzo Blu una grande mostra dedicata ai Macchiaioli

La Fondazione Palazzo Blu di Pisa annuncia per quest’autunno la sua grande mostra dedicata ai Macchiaioli: dall’8 ottobre 2022 al 19 marzo 2023 la sede museale pisana presenta infatti la retrospettiva dal titolo I Macchiaioli, a cura di Francesca Dini, storica dell’arte ed esperta tra le più autorevoli di questo movimento. La mostra è prodotta ed organizzata da Fondazione Palazzo Blu e MondoMostre, con il contributo di Fondazione Pisa. Si tratta di una importante retrospettiva di oltre 130 capolavori provenienti da collezioni private solitamente inaccessibili e da importanti istituzioni museali come le Gallerie degli Uffizi, il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, la Galleria d’arte moderna di Genova e la Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma. La mostra "I Macchiaioli" racconta l’eccitante avventura di un gruppo di giovani pittori progressisti, toscani e non, che nel corso del Risorgimento diedero origine a un rinnovamento in chiave antiaccademica della pittura italiana in senso realista. Questi artisti riuscirono infatti a scrivere una delle più poetiche e audaci pagine della storia dell’arte, non solo italiana. Attraverso le loro opere “chiave”, emerge lo sguardo intimo sulla realtà a loro contemporanea e la visione antieroica e profondamente umana del Risorgimento. La capacità del movimento di mettersi collettivamente in discussione e di sterzare il timone per proseguire sulla strada del progresso e della modernità senza abbandonare mai la via maestra della luce sarà dunque al centro della mostra che ha l’obiettivo di enfatizzare il ruolo di un’arte che è sempre stata in dialogo con le più importanti comunità artistiche dell’Europa del XIX secolo. Da non perdere !

giovedì 6 ottobre 2022

Rubens a Genova

Palazzo Ducale a Genova ospita, dal 6 ottobre 2022 al 22 gennaio 2023, una grande mostra dedicata a Peter Paul Rubens (Siegen, 1577 - Anversa, 1640), intitolata Rubens a Genova, che si concentrerà soprattutto sul rapporto tra il grande artista barocco e la città ligure. La mostra, a cura di Nils Büttner e Anna Orlando, è prodotta dal Comune di Genova con Fondazione Palazzo Ducale per la Cultura e la casa editrice Electa, con il supporto e la partecipazione dello Sponsor unico Rimorchiatori Riuniti S.p.A. Il progetto nasce in occasione del quarto centenario della pubblicazione ad Anversa del celebre volume di Pietro Paolo Rubens, Palazzi di Genova (1622). Rubens soggiornò in diverse occasioni a Genova tra il 1600 e il 1607, visitandola anche al seguito del duca di Mantova, Vincenzo I Gonzaga, presso cui ricopriva il ruolo di pittore di corte. Ebbe così modo di intrattenere rapporti diretti e in alcuni casi molto stretti con i più ricchi e influenti aristocratici dell’oligarchia cittadina. In mostra sono presentate più di 150 opere, tra le quali hanno il ruolo di protagonisti oltre venti lavori di Rubens provenienti da musei e collezioni europee e italiane, che si sommano a quelli presenti in città, giungendo così a un numero come non vi era dalla fine del Settecento a Genova; da quando, cioè, la crisi dell’aristocrazia con i contraccolpi della Rivoluzione Francese diede avvio a un’inesorabile diaspora di capolavori verso le collezioni del mondo.

sabato 1 ottobre 2022

Una mostra dedicata ai primi 5 anni d'avanguardia Futurista al Palazzo Zabarella di Padova

Dal 1° ottobre 2022 al 26 febbraio 2023, a Padova, a Palazzo Zabarella, è in programma la mostra Futurismo 1910-1915. La nascita dell’avanguardia, a cura di Fabio Benzi, Francesco Leone, Fernando Mazzocca, che intende proporsi come “sguardo altro” e offrire una visione nuova ed originale del movimento, concentrandosi su di un periodo preciso, quello che va dalla fondazione del movimento alla pubblicazione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo. “Tra le molte mostre sul Futurismo che nel corso degli ultimi quaranta anni si sono succedute”, spiegano i curatori, “nessuna mai si è focalizzata in termini critici ed esaustivi, sui presupposti culturali e figurativi, sulle radici, sulle diverse anime e sui molti temi che hanno concorso prima alla nascita e poi alla deflagrazione e alla piena configurazione di questo movimento che ha caratterizzato in modo così dirompente le ricerche dell’arte occidentale della prima metà del Novecento. Per analizzare nel dettaglio questa molteplicità di argomenti, la mostra, ricca di oltre 100 opere, indagherà un arco cronologico piuttosto ristretto, e cioè il lustro che va dal 1910, anno di fondazione del movimento in ambito pittorico, al 1915, quando la pubblicazione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo e l’ingresso in guerra dell’Italia – a cui i futuristi inneggiarono con uno spirito interventista in cui si annidava il senso di una profonda rivoluzione culturale, civile e sociale – tracciarono un netto spartiacque nelle ricerche artistiche del movimento. In un momento in cui tutta l’arte occidentale, dall’Italia alla Francia, dalla Germania alla Russia, innescava profonde riflessioni su una concezione fenomenica dell’arte che si riteneva ormai superata, il Futurismo fu il primo movimento a concepire in modo organico e totale un’arte antinaturalistica in grado di affrontare, affidandosi a un rivoluzionario principio di sintesi dinamica, una concezione categorica della rappresentazione della vita moderna, affondando contemporaneamente e consapevolmente in un mondo di forze – dell’uomo e del mondo – percepibili ma non visibili. Parallelamente, su questa strada, anche se con esiti tra loro molto diversi, si mossero il Cubismo di Picasso e Braque, lo spiritualismo di Kandinskij, l’arte dell’inconscio di Klee, il suprematismo russo, la ricerca astratto-geometrica di Mondrian”. “Futurismo”, innanzitutto, significa “arte del futuro”, e infatti, tra le avanguardie del Novecento è quella maggiormente animata da un sentimento rivoluzionario di rinnovamento, di ribellione nei confronti della tradizione e di fiducia nelle possibilità offerte dal futuro e dalle sue innovazioni tecniche. Gli artisti della prima generazione di futuristi (Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Antonio Sant’Elia, Giacomo Balla e Gino Severini) si pongono come obiettivo di risvegliare l’arte figurativa poiché non è più immaginabile che continui a dar voce a tematiche lontane dalla realtà, spesso vincolate a soggetti religiosi e mitologici. E per farlo, guardano al Divisionismo, tanto che nel “Manifesto” della fondazione artistica del Futurismo (1910) si dichiara l’ammirazione per i pittori di questa corrente che hanno messo a punto una elaborata tecnica mutuata dal Post-Impressionismo e dal Puntinismo. I futuristi si approprieranno quindi della loro pennellata, pur non nascondendo la loro attrazione per le forme sintetiche, la scomposizione dei piani e la distruzione della prospettiva del Cubismo (di cui però rinnegano la staticità), e senza dimenticare che dal Neoimpressionismo prendono in prestito la luminosità cromatica e dai Nabis il simbolismo dei temi. È partendo da questi presupposti tecnici che il Futurismo si pone come chiave di rottura verso gli schemi del passato, assurgendo anche a precursore di idee ed esperienze del Dadaismo, delle avanguardie russe e delle neo avanguardie del secondo Novecento. Diventa così l’interprete di una “rivoluzione” artistica che vede quale ideale un’opera d’arte “totale” che supera i confini troppo angusti del quadro e della scultura per coinvolgere tutti i sensi, facendo di massimo contrasto cromatico, simultaneità (per determinare l’effetto dinamico) e compenetrazione (per liberare l’oggetto dai suoi confini), i suoi tratti salienti. La mostra intende raccontare questa storia attraverso un percorso con oltre 100 opere che animano le sale di Palazzo Zabarella, tutte appartenenti a un arco cronologico piuttosto ristretto, dal 1910, anno di fondazione del movimento in ambito pittorico, al 1915, quando la pubblicazione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo di Balla e Depero (il manifesto costituiva la prima teorizzazione e testimonianza della tendenza non figurativa dell’arte d’avanguardia in Italia prefigurando un’arte “polimaterica”, un’arte nuova che diventa arte-azione, cioè volontà, ottimismo, aggressione, possesso, penetrazione, gioia, splendore geometrico delle forze, proiezione in avanti) e l’ingresso in guerra dell’Italia tracciarono un netto spartiacque nelle ricerche artistiche del movimento. Opere d’eccezione, alcune delle quali inedite o esposte raramente, provenienti da gallerie, musei e collezioni internazionali, per un totale di oltre 45 prestatori differenti. A siglare l’avvio della mostra, le radici simboliste del Futurismo e i legami con l’arte divisionista grazie al confronto tra i lavori di Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Giuseppe Pellizza da Volpedo tra gli altri, e quelli dei padri fondatori del movimento da Umberto Boccioni a Giacomo Balla, da Gino Severini a Carlo Carrà, da Luigi Russolo a Mario Sironi. Un “dialogo” che attesta come questi primi futuristi siano accomunati da una formazione artistica di natura secessionista, legata alla tecnica divisionista e alla temperie simbolista di tardo Ottocento e di inizi Novecento. Poi si scoprirà lo “Spiritualismo” con gli Stati d’animo di Boccioni del 1911-1912 e Mercurio transita davanti al sole di Balla del 1914, quali punte di diamante. Di sala in sala si giunge nel cuore della mostra, che vede protagonista il “Dinamismo”, in cui si fronteggiano le opere di Boccioni, Balla, Severini, Sironi, Carrà, Russolo e quelle di Gino Rossi, Gino Galli, Ardengo Soffici e Ottone Rosai. Ci si tufferà poi nella “Simultaneità”, con opere di Carrà, Boccioni, Fortunato Depero, Russolo ed Enrico Prampolini. Lo spirito rivoluzionario e di completa rottura con i canoni del passato, è il fulcro della “Vita moderna”, con opere di Sironi, Carrà, Boccioni, Antonio Sant’Elia, Fortunato Depero, ma anche di Aroldo Bonzagni e Achille Funi, emblemi del desiderio di una nuova vita, lontana da immobilismo e tradizione. Si indagheranno poi i temi della “Tridimensionalità” della scultura e del “Polimaterismo” dove, a testimonianza dell’utilizzo in arte di materiali diversi, troveremo Forme uniche della continuità nello spazio e Sviluppo di una bottiglia nello spazio di Boccioni, i complessi plastici di Balla e Depero appositamente ricreati per questa rassegna poiché andati perduti. Dopo una sezione sulle “Parolibere” il percorso si snoda fino a toccare il tema della “Guerra”, vista dai Futuristi come mezzo che permette di sbarazzarsi del vecchio e noioso passato e di far prevalere la gioventù. Troveremo in mostra capolavori firmati Carrà, Balla, Sironi e Severini. Chiude il percorso appunto la “Ricostruzione Futurista dell’Universo”, con il concetto di ‘arte totale’ che si impossessa del mondo degli uomini e delle cose e che ha trovato proprio con i futuristi la prima, piena configurazione in seno ai movimenti d’avanguardia. La mostra apre dal martedì alla domenica dalle 9:30 alle 19 (ultimo ingresso ore 18:15). Chiuso il lunedì e il 25 dicembre, aperto il 31 ottobre, il 26 gennaio e il 2 gennaio. Biglietti: intero 15 euro, ridotto 12 euro (over 65 anni, giovani dai 18 ai 25 anni, visitatori diversamente abili, FAI, Touring Club, titolari di convenzioni), ridotto speciale 10 euro (minorenni), gratis per bambini fino ai 5 anni compiuti (non in gruppo scolastico), accompagnatore di visitatore diversamente abile (in caso di necessità). Biglietto aperto 17,50 euro, biglietto famiglia (valido per 2 adulti e ragazzi dai 6 ai 14 anni, fino ad un massimo di 5 persone) adulti 12 euro, ragazzi 6 euro. Prenotazione 1,50 euro a persona. Biglietti gruppi 13 euro a persona, visita guidata in italiano 120 euro, prenotazione obbligatoria tramite call center. Per i gruppi che prenotano la visita alla mostra per il mese di ottobre, la visita guidata in italiano costerà 90 euro. Biglietto scuole (escluse scuole di specializzazione e di adulti) 6 euro per studente, visita guidata in italiano 60 euro (per visite effettuate il sabato e la domenica viene applicata la tariffa gruppi), prenotazione obbligatoria tramite call center. Per info e prenotazioni: (+39) 049 87 53 100, www.zabarella.it, prenotazioni@palazzozabarella.it.