sabato 8 aprile 2023

“I Wish It Was Mine” alla Galleria Alberta Pane di Venezia

Una delle tappe obbligatorie per chi ama l’arte e arriva in Laguna è sicuramente la sede veneziana della galleria Alberta Pane che, a partire da sabato 1 aprile fino al 3 giugno 2023, ospita l’esposizione collettiva “I Wish It Was Mine”.  Una mostra suggestiva che riunisce opere di otto artisti da tenere d’occhio, che fanno parte oramai della scena internazionale: Claire Fontaine, Gelitin, Miná Minov, Ivan Moudov, Alban Muja, Anri Sala, Selma Selman e Ulay.  “I Wish It Was Mine” è il titolo della mostra e presenta così al pubblico, nella maniera più pura e disarmante, un desiderio spesso celato ma reconditamente presente in ogni artista.
L'opera site-specific del polivalente Ivan Moudov “The One Minute Stalker” del 2022 avvia l’esposizione già a partire dall’ingresso, dando da subito centralità alla nozione di desiderio con l’omonimo film di Tarkovskij del 1979.  The One Minute Stalker offre la possibilità di una visione unica di questo film iconico, condensando i suoi 161 minuti in un'immagine monumentale, composta da frammenti di un minuto ciascuno. Ogni elemento rappresenta una micro-azione che, insieme alle altre, forma delle file di piccole capsule temporali. Il trascorrere di un minuto è seguito da una schermata buia della durata anch’essa di un minuto. Il suono è composto da Sibin Vasilev. L'installazione mira a esplorare la percezione spaziale delle singole micro-immagini, permettendo agli spettatori di immergersi in un ambiente visivo che innesca sensazioni mentali e corporee relazionate al concetto di tempo.
Lo stesso Moudov (classe 1975), spiega così la profonda tematica dell’esposizione: «Sono stato invitato a organizzare una mostra collettiva alla Galleria Alberta Pane. Ho cercato di scegliere opere che avrei voluto fossero mie o che avrei voluto realizzare. A volte è proprio questa la spinta propulsiva che fa nascere la collezione di un artista.  Ispirandomi al film di Tarkovskij, “Stalker”, ho cercato di costruire una narrazione che guidasse i visitatori attraverso la “Zona”, alla ricerca di quel luogo mitico conosciuto come “La Stanza”. Si dice infatti che chiunque entri nella “Stanza” veda immediatamente esauditi i propri desideri terreni; accedendovi emergono però solo quelle che sono le vere aspirazioni individuali. Nella “Stanza” le opere selezionate di sette artisti eccezionali esplorano i desideri umani, nelle loro accezioni e complessità. Insieme, tutte le opere di questa esposizione danno vita a uno spazio di contemplazione e riflessione, dove i confini della realtà vengono superati e l'immaginazione viene liberata.  Come lo Stalker, che conduce i suoi compagni attraverso la “Zona” per scoprire i loro desideri più reconditi, “I Wish It Was Mine” invita lo spettatore a esplorare i propri sogni, a superare i confini della realtà e ad abbracciare l’ignoto».   Riprendendo dunque il tema centrale di “Stalker” c’è da chiedersi se veramente i desideri che esteriorizziamo e manifestiamo siano realmente quelli ai quali aspiriamo nel nostro profondo. O abbiamo il pudore o il terrore che questi si manifestino realmente mostrando un nostro “io” diverso da quello che vogliamo mostrare? Consiglio a chiunque voglia immergersi in questa mostra di farsi accompagnare da una delle responsabili dello spazio espositivo per uno splendido percorso dettagliato ed arricchente.  Ci si troverà subito immersi in questa serie di opere che si osservano intuendo di guardare anche dentro noi stessi attraverso un’introspezione affascinante e allo stesso tempo disturbante che ci pone di fronte allo stesso dilemma della “stanza dei desideri” di Tarkovskij. Fra le opere da ammirare consiglio la sequenza fotografica “There’s a Criminal Touch to Art” realizzata nel 1976 dove Ulay ha trasformato l’arte in un crimine, con l’obiettivo di porre l’attenzione su un problema sociale: la discriminazione dei lavoratori immigrati in Germania. Ulay rubò infatti un quadro dalla Neue Nationalgalerie di Berlino per appenderlo nella casa di una povera famiglia turca del quartiere di Kreuzberg, all’epoca vero e proprio ghetto di immigrati. La scelta del quadro non fu casuale bensì una vera icona dell’identità tedesca.
Il quadro scelto, infatti, si intitola Der arme Poet (Il poeta povero), ed è stato dipinto nel 1839 da Carl Spitzweg e si narra fosse il preferito di Hitler. Dopo aver distratto la sorveglianza e afferrato il quadro, l’artista scappò e si rifugiò in una casa del quartiere di Kreuzberg. L’opera fu appesa nel salotto della famiglia turca e il direttore del Museo fu convocato in loco dall’artista stesso, che si assunse tutte le responsabilità legali della sua azione, per recuperarla. “Volevo portare l’attenzione su questo problema dei lavoratori turchi discriminati. E volevo anche mettere in discussione la marginalizzazione dell’arte da parte delle istituzioni”, commentò in seguito Ulay.  Tutto il furto fu documentato minuziosamente con le immagini originali girate da Jörg Schmidt-Reitwein, ex cameramen di Werner Herzog, e la documentazione fotografica fu fatta da Marina Abramovic. Piccolo aneddoto : questa è stata l'ultima performance personale di Ulay prima di iniziare a collaborare con Marina Abramović, con la quale ebbe una nota e travagliata relazione sentimentale e artistica che li ha resi delle icone della performance art del XX secolo … ma questa è tutta un’altra storia. Ulay è stato un vero genio nello sviluppo di concetti performativi, da desideri espressivi nati da potenti intuizioni. Il desiderio performativo nasce dunque da una intuizione: una parola tanto preziosa, dal latino intueor, che è una forma di conoscenza non spiegabile a parole, che si rivela per “lampi improvvisi”, immagini, suoni, esperienze. L’intuizione è la capacità di acquisire conoscenze senza prove, indizi, o ragionamento cosciente: un sentimento che guida una persona ad agire in un certo modo, senza comprenderne appieno il motivo, per creare magici momenti d’arte… “I Wish It Was Mine”. Fino al 3 giugno … Da non perdere ! __________________________________ GALLERIA ALBERTA PANE Dorsoduro 2403/H, Calle dei Guardiani, 30123 - Venezia - Veneto dal 01/04/2023 - al 03/06/2023 dal martedì al sabato 10.30 – 18.30 ____________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________ BIOGRAFIA DEGLI ARTISTI PRESENTI IN MOSTRA : •Attiva dal 2018 a Palermo, Claire Fontaine è un’artista concettuale femminista, creata nel 2004 a Parigi da Fulvia Carnevale e James Thornhill che, mediante un espediente di desoggettivizzazione, si sono dichiarati i suoi assistenti. Attingendo al nome di una popolare marca francese di cancelleria, l'artista fa del readymade la sua cifra stilistica: scultura, installazione, video e pittura sono alcuni dei media attraverso i quali prende forma una riflessione sulla società capitalistica contemporanea, la sua politica e gli eventi globali, come nel caso dell’installazione Untitled (same war time zone) in mostra in galleria. L’artista ha esposto in luoghi e istituzioni quali: MAXXI (Roma), MACRO (Roma), Jardin des Tuileries (Parigi), Galerias Municipais (Lisbona), Palazzo Ducale (Genova), Le Confort Moderne (Poitiers), Städtische Galerie Norhdorn (Nordhorn), Académie de France à Rome - Villa Medici (Roma), Jewish Museum (New York), RCCA Wattis (San Francisco), The Swedish Contemporary Art Foundation (Stoccolma), Museion (Bolzano), MUSAC (Castilla y León), Museum of Contemporary Art (North Miami).  Gelitin è un collettivo formatosi a Vienna dagli artisti Ali Janka, Florian Reither, Tobias Urban e Wolfgang Gantner, conosciutisi nel 1978. Dal 1993 lavorano insieme, distinguendosi sulla scena internazionale per le loro performance e installazioni dal carattere umoristico e sfrontato. Elemento centrale della loro pratica è il coinvolgimento del pubblico, invitato a prendere parte all’opera e a fare proprie nuove prospettive. Gelitin ha rappresentato l’Austria alla Biennale di Venezia del 2001 e ha esposto e realizzato performance nelle più importante istituzioni artistiche. Il suo lavoro è in collezioni pubbliche quali Belvedere (Vienna), MUMOK (Vienna), Thyssen Bornemisza Art Contemporary (TBA21) (Vienna), Essl Museum (Klosterneuburg, Austria), Lentos Kunstmuseum (Linz, Austria), MdM, Salzburg, Foundation Pinault (Venezia), Sammlung Falkenberg (Amburgo), Centre Pompidou (Parigi), Musée d’art moderne de la Ville de Paris, La Maison Rouge (Paris), MONA (Tasmania) e Musée de la Chasse et de la Nature (Parigi).  ______________________________________________________________________ •Miná Minov è un artista bulgaro (1982) che lavora soprattutto con video dal carattere performativo, installazioni interattive e talvolta performance, spaziando tuttavia anche verso progetti più concettuali o per nulla concettuali. Le sue opere sono spesso costituite da semplici meccanismi, impiegati dal proprio corpo o da quello di qualcun altro. L’artista è infatti interessato alla presenza corporea e al modo in cui essa attira elementi attorno a sé. Miná Minov ha studiato scultura all’Accademia Nazionale delle Arti, a Sofia e Pittura al Frank Mohr Instituut a Groningen. Ha inoltre preso parte a residenze artistiche negli Stati Uniti presso Marvin Gardens, Ridgewood (NY) e Lower Manhattan Cultural Council (NY). Ha esposto in istituzioni quali Goethe Institut Bulgarien - ICA-Sofia (Sofia), Contemporary Space (Varna), KCB (Belgrade), Sofia Art Gallery, Zieher Smith (New York), Vaska Emanouilova Gallery (Sofia), Biennial of young artists (Bucharest), Museum Belvedere (Heerenveen, Paesi Bassi), Nest (L’Aja), National Gallery of Foreign Art (Sofia), National Archeological Museum (Sofia), Marvin Gardens (New York), One night stand gallery (Sofia) e CBK, Groningen (Paesi Bassi). ______________________________________________________________________ •Ivan Moudov (1975, Sofia). La pratica dell’artista spazia dalla fotografia al video, alla performance e all'installazione. Il suo lavoro, dalla forte carica metaforica, mette in discussione le condizioni sociopolitiche ed economiche dell'arte e il suo rapporto con i sistemi di potere. Sovvertendo le norme e le regole esistenti, l'artista mira a svelare i meccanismi del loro funzionamento. Concepire e organizzare questa mostra è risultato per l’artista un lavoro processuale in sé. Le opere di Ivan Moudov, esposte per lo più nel corridoio d’ingresso, danno avvio alla narrazione. Tra le sue partecipazioni più importanti in biennali e istituzioni ricordiamo, tra le altre, la 52ª Biennale di Venezia, Manifesta 4 (Francoforte), Manifesta 14 (Pristina), Moderna Museet (Stoccolma), Cabaret Voltaire (Zurigo), Kunstverein Braunschweig (Braunschweig), 1st Moscow Biennale of Contemporary Art (Mosca), Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig - MUMOK (Vienna). ______________________________________________________________________ •Alban Muja Alban Muja (Kosovo, 1980) è un artista multidisciplinare. La sua pratica è influenzata dai processi di trasformazione sociale, politica ed economica in corso nel suo paese e nei Balcani in senso lato. Ha rappresentato il Kosovo alla 58ª Biennale di Venezia. Ha inoltre partecipato a esposizioni in eventi e istituzioni quali: The National Gallery of Kosovo (Pristina), Center for Contemporary Arts (Celie, Slovenia), ISCP (New York), MAXXI (Roma), 3rd Industrial Art Biennial (Rijeka), Ludwig Museum (Budapest), viennacontemporary (Vienna), Museum Of Contemporary Art (Skopje), Autostrada Biennale (Prizren, Kosovo), Kumu Art Museum (Tallinn), Guangdong Museum of Art (Guangzhou, China), National Gallery of Art (Varsavia), Austrian Cultural Forum (New York),, Museum of Modern and Contemporary Art of Rijeka, Staatliche Kunsthalle Baden-Baden (Germania), KC Tobačna 001-Mesnta Museum (Lubiana), Moscow International Biennale.  ______________________________________________________________________ •Anri Sala (Tirana, 1974. Vive e lavora a Berlino). Trasformazione e tempo sono elementi sostanziali delle sue opere, create attraverso una pluralità di relazioni tra immagini, architetture e suono, che permettono all’artista il rovesciamento e la messa in discussione dell’esperienza. Le opere di Anri Sala analizzano fratture del linguaggio, della sintassi e della musica al fine di convalidare o invalidare narrazioni e composizioni, dando così vita a nuove interpretazioni della storia. - Il lavoro di Sala è stato mostrato in mostre personali presso: la Bourse de Commerce, Paris (2023), Kunsthaus Bregenz (2021), Buffalo Bayou Park Cistern, Houston (2021), Centro Botìn, Santander (2019), Mudam, Luxembourg (2019), Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Torino (2019), Museo Tamayo, Mexico City (2017), New Museum, New York (2016), Haus der Kunst, Munich (2014), Centre Pompidou, Paris (2012), Serpentine Gallery, London (2011), Museum of Contemporary Art North Miami (2008) e ARC, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2004). L’artista ha anche partecipato a importanti esposizioni collettive e biennali internazionali, tra cui la 57ª Biennale di Venezia (2017), dOCUMENTA (13) (2012), la 29ª Biennale di São Paulo(2010) e la 4ª Berlin Biennale (2006). Nel 2013 ha rappresentato la Francia alla 55ª Biennale di Venezia. ______________________________________________________________________ •Selma Selman (1991) è cresciuta nel villaggio della comunità rom di Ružica, in Bosnia-Erzegovina. È stata la prima studentessa rom a conseguire un BFA presso il Dipartimento di Pittura dell'Università di Banja Luka nel 2014. Nel 2018 si è laureata alla Syracuse University con un MFA in Transmedia, Visual and Performing Arts. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni internazionali e ha ricevuto molteplici premi. Nel 2021 ha partecipato a una residenza ad Amsterdam presso la Rijksakademie. Ha esposto in mostre personali e preso parte a eventi come documenta (15), Kassel (2022), Manifesta 14, Pristina (2022), Kunstraum Innsbruck (2022), MO Museum Vilnius (2022), Kasseler Kunstverein Museum Fridericianum, Kassel (2021), National Gallery, Sarajevo (2021), Acb Gallery, Budapest (2021), SU Art Gallery, Syracuse (2018), agnès b. Galerie Boutique, New York (2017), Gallery Schleifmühlgasse 12-14, Vienna (2016), Gallery Dreamland, Buffalo, New York (2016). Ha inoltre partecipato a numerose mostre collettive e festival quali: EVROVIZION, ifa, Stuttgart, Mediterranea 19 Young Artists Biennale School of Waters, 58ª Biennale di Venezia, Kunstquartier Bethanien a Berlino, Kunsthalle Wien a Vienna, Queens museum a New York, The Creative Time Summit a Miami, Museum of Contemporary Art a Banja Luka, Villa Romana a Firenze, Maxim Gorki Theatre a Berlino.  Ulay (Germania, 1943 - Slovenia, 2020) è stato un pioniere dell’uso artistico della polaroid e dell’arte performativa. Dopo la separazione da Marina Abramović nel 1988, Ulay si dedica alla fotografia, concentrandosi soprattutto sull’individuo emarginato nella società contemporanea. Negli ultimi anni della sua vita ha vissuto con la moglie e la famiglia a Lubiana dove nel 2019 è nata la Ulay Foundation. Le sue opere fanno parte di importanti collezioni e sono state esposte a livello internazionale nei più importanti centri della scena artistica, tra cui Centre Pompidou (Parigi), MoMA (New York), Moderna Museet (Stoccolma), SFMOMA (San Francisco), ZKM (Karlsruhe), Kunstmuseum Bern (Berna), Groningen Museum (Groningen, Paesi Bassi), Van Abbemuseum (Eindhoven), Stedelijk Museum (Amsterdam), per citarne alcuni. ______________________________________________________________• di Aymone Poletti - aprile 2023

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